La virtù o l’arte di star bene

La virtù è il rimedio più potente contro il malessere del vizio. Alla virtù sono stati attribuiti significati diversi lungo tutta la storia delle culture e del pensiero umano. L’ἀρετή greca indicava la capacità di eccellere. La virtus romana significava letteralmente la virilità, la forza, il coraggio.

Nel buddhismo è il continuo applicare e seguire le regole dei Tre rifugi e dei Cinque precetti.

La tradizione religiosa cristiana distingue le tre virtù teologali di fede speranza carità, dalle quattro virtù cardinali di prudenza giustizia fortezza temperanza.

Nella concezione relativistica, essendo l’individuo il metro di giudizio, può accadere che qualcuno definisca come virtù ciò che invece è un vizio.

La timologia suggerisce un’impostazione diversa a partire dall’assioma della binarietà, il quale afferma che ogni emozione ed ogni passione ha la propria contraria, e perciò anche ogni vizio ha come opposto una virtù.

Il vizio è caratterizzato da una spinta o motivazione eccessiva, una vera e propria frenesia (in timologia ipertropismo) verso qualcosa. Le frenesie del desiderio generano la gola (frenesia del cibo), la lussuria (frenesia del sesso) e l’avarizia (frenesia del possesso). Le frenesie ostili generano l’invidia (odiare l’altro per il bene che non si ha), la superbia (frenesia dell’io ostile) e l’ira (frenesia distruttiva). L’assenza totale invece di motivazione (in timologia atropismo) genera l’accidia, l’indifferenza, l’apatia e la noia.

La virtù, al contrario, è equilibrata ed adattiva, mai eccessiva. Risponde al bisogno di essere in sereno rapporto con tutti e con tutto, e indica un uso delle cose privo di dipendenza. Al contrario della disfunzionale frenesia del desiderio troviamo l’equilibrio adattivo, mentre al contrario della frenesia ostile (l’odio) si situa l’equilibrio ed il rispetto relazionale (l’amore).

Possiamo quindi tentare di delineare una nuova mappa delle virtù, non dimenticando mai che “la mappa non è il territorio”. Questo riflettere sui vizi e le virtù è un percorso, non il percorso.

La virtù caratterizza positivamente sia la relazione sia il fare. Nei riguardi degli altri si manifesta attraverso un “essere-per e con l’altro” e nel riguardo del fare come equilibrio adattivo.

Le virtù relazionali sono:

  • l’ammirazione o guardare l’altro con meraviglia, contraria dell’invidia
  • l’umiltà o consapevolezza dei limiti dell’Io, contraria della superbia
  • la mitezza o rispetto per l’integrità dell’altro, contraria dell’ira

Le virtù del fare o del desiderio sono:

  • la generosità o capacità di condividere, contraria dell’avarizia
  • la tenerezza o capacità di vivere la sessualità come intimità, contraria della lussuria
  • la sobrietà o capacità di dare il giusto valore al cibo e non solo, contraria della gola

La virtù da porre al contrario dell’accidia, della noia, della pigrizia e dell’indifferenza è la gratitudine che nasce dalla consapevolezza che la condizione esistenziale umana ha necessità costante di tutto quanto la circondi. Dalla gratitudine discende l’operosità, come partecipazione e contributo al bene comune.

Carluccio Bonesso

13/07/2016

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