Alla radice del bene e del male: vizi e virtù

Il bene ed il male sono continuamente intorno a noi e dentro di noi. Da sempre in tutte le culture, oltre ad identificarli nella divinità e nello spirito del male (Dio e Satana), si è insegnato in vari modi come si annidino in noi. Le categorie della virtù e del vizio sono sicuramente quelle che hanno avuto più seguito e continuino ancora ad occupare la riflessione e l’insegnamento delle persone eticamente più impegnate.

Il vizio affonda le sue radici nelle strutture emotive più profonde. Ogni essere vivente si sposta, cresce ed interagisce secondo tropismi ed edonie che fanno riferimento al bisogno. Ogni essere vivente, spinto dal bisogno, cerca e si avvicina a qualcosa che l’attrae (tropismo) e che possa saturare il suo bisogno (edonia).

Questo è il circolo quotidiano della vita! C’è un bisogno che mette in moto la ricerca, la quale si conclude con la saturazione. Col passare del tempo però, viene a cessare la saturazione e la carenza fa ripartire il circolo. Questo accade per ogni funzione vitale: sonno, cibo, respiro ecc. Ma anche per i bisogni secondari di stima, affetto, autorealizzazione. La regola vale anche per lo spirito umano sempre alla ricerca di ciò che riempia di senso, valore e finalità la vita. Tutto questo funziona regolarmente nelle situazioni in cui ricerca e saturazione, cioè tropismo e edonia, sono in equilibrio. Quando invece il bisogno urge per l’aumentare della carenza, la spinta aumenta, l’attrazione si trasforma in frenesia e la ricerca subisce il rafforzamento motivazionale (ipermotivazione) per un bisogno che diventa irrefrenabile.

È la situazione dei predatori. Gli erbivori non devono rincorrere l’erba e le piante, mentre i carnivori devono mettercela tutta per sopravvivere. È evidente quindi che quando vanno a segno divorino in “preda” ad un piacere compensatorio, la cui soddisfazione ha l’effetto di potenziare l’azione. Inoltre l’ipermotivazione della frenesia per la gran fame va ad inibire la repulsione, tanto che i predatori spesso si nutrono di carogne. Anche la paura diminuisce al punto che si avventino sulle prede senza controllo con rischio della propria vita, divorandole poi con rapidità, magari ringhiando contro gli eventuali competitori. La volpe o la faina in un pollaio non uccidono una sola preda, ma fanno un macello divorando un po’ qua ed un po’ là, prese dalla frenesia alimentare. La frenesia delle volpi che distruggono il pollaio, può essere vista come il punto di passaggio fra la spinta adattiva volta solo alla sopravvivenza e la negativa frenesia.

Nell’essere umano il discorso si fa molto più serio e tragico, perché la passione, l’ipermotivazione, cioè la frenesia (ipertropismo) si generalizza a tutto il suo stile di vita, quindi al rapporto con gli altri, alle idee, all’alimentazione, al possesso, al sesso. Il rapporto tra carenza, sia essa subita o percepita come tale, e spinta si trasforma nel tempo nell’ipertropismo della passione, dell’ipermotivazione, della frenesia che normalmente chiamiamo vizio, la spinta irrefrenabile che si dirige sia contro gli altri e sia verso le cose. Nel caso molto attuale in cui invece la facile o eccessiva saturazione sia la quotidianità, può generare l’effetto contrario, che conduce tristemente al ritiro e all’abbandono nell’apatia (atropismo), nel disinteresse, nella rinuncia e nell’indifferenza.

Il vizio modifica pesantemente sia la relazione e sia il fare. Nei riguardi degli altri si manifesta come frenesia oppositiva e nel riguardo del fare come desiderio incontrollabile.

In timologia definiamo il vizio come distropia (dis = patologia, disturbo, carenza e tropia = spinta, propensione, attrazione). Mentre la virtù è chiamata protropia (pro = in favore, a vantaggio, per, in difesa, a vantaggio).

Le distropie della relazione sono:

  • l’invidia o distropia ostile a cui si oppone la protropia della carità,
  • la superbia o distropia dell’Io, del controllo e del dominio a cui si oppone la protropia dell’umiltà,
  • l’ira o la distropia aggressiva della collera e del furore a cui si oppone la protropia della pazienza.

Le distropie del fare o del desiderio sono:

  • l’avarizia o distropia del possesso e dell’accumulo a cui si oppone la protropia della generosità,
  • la lussuria o distropia del sesso a cui si oppone la protropia della castità,
  • la gola o distropia del cibo, della consumazione e non solo a cui si oppone la protropia della temperanza.
  • La distropia da atropismo o apatia è l’accidia o noia, pigrizia e indifferenza a cui si oppone la protropia della diligenza e della operosità.

Carluccio Bonesso

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