L’ammirazione, guarire l’invidia

Sul versante contrario di ogni distropia si pongono le protropie, cioè tutte quelle spinte che rendono le relazioni belle e positive. Stando al linguaggio tradizionale ad ogni vizio si oppone una virtù, una forza o atteggiamento di bene.

Al contrario dell’invidia, la distropia ostile si pone la protropia inclusiva comprendente la carità, l’affetto, l’amore, la simpatia, l’empatia, l’ammirazione, la compassione, la misericordia, la pietà, la benevolenza, la solidarietà e la corresponsabilità.

In timologia non si esclude la possibilità che esista un processo di reintegrazione e guarigione che volga l’invidia, la distropia ostile, verso sentimenti meno devastanti o addirittura positivi. Si tratta di imparare ad ammirare, ad apprezzare e a compiacersi del bene altrui, oppure recuperare l’innocente stupore davanti al bene degli altri. La letteratura sapienziale oppone alla perfida invidia la carità, la virtù più elevata, analogamente come nella religione si oppone al Dio che ama gelosamente l’uomo, Satana che lo invidia e vuole la sua morte. La carità è termine che racchiude vasti significati comprendenti la benevolenza, l’affetto, l’amicizia, l’amore.

L’analisi strutturale vede alla radice della distropia ostile la paura, la rabbia e la tristezza per il bene altrui, il quale è fumo per gli occhi dell’invidioso. Ciò è indice di un qualche analfabetismo emotivo, infatti il bene e la bellezza per natura loro generano stupore, che è la capacità emotiva di stare davanti alle cose sorpresi, come se fosse sempre la prima volta. L’invidioso non viene stupito dal bene altrui, ma offeso dal fatto di esserne privo. Il bene dell’Altro riveste la minaccia e l’accusa per i suoi limiti ed insuccessi. Lo stupore è il precursore della meraviglia, la capacità emotiva di vedere quell’unicità e quella irrepetibilità che fa sì che ogni cosa sia portatrice di bellezza e di valore. In assenza di stupore e meraviglia viene a mancare il protropismo relazionale che si oppone alla frenesia ostile e manca la struttura emotiva di base dell’inclusività. Il sentir “caro” l’Altro ed il suo bene, e l’avvicinarsi a lui con grazia (dal greco χάρις, cháris grazia) richiede questa competenza emotiva.

Nel possibile processo di guarigione degli stati e dei vissuti carenziali responsabili dell’ostilità non va dimenticato il perdono terapeutico per rielaborare quelle ferite da cui l’invidia prende le sue vendette. Se dunque non si vuole cadere nelle sue trappole ed evitare di contribuire allo sviluppo delle patologie connesse, conviene aprirsi al bene e alla bellezza dovunque si trovi e a chiunque ne sia portatore con stupore e meraviglia grati.

L’economia emotiva dell’inclusività che nasce dalla meraviglia e dalla benevolenza è finalizzata al bene dell’Altro, perché il suo bene è premessa per il bene proprio.

La struttura ideale e adattiva della protropia inclusiva, contrariamente all’ostilità, alimenta relazioni filiache e solidali. Previene il conflitto distruttivo. Aumenta la propria autostima e quella degli altri e promuove le aspettative positive famigliari, sociali e politiche. La struttura ideale del protropismo inclusivo trova il suo senso nello star bene con se stessi, il suo significato nel bene con gli altri e la sua finalità nella pace universale.

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