Gola e ingordigia, le distropie del consumo

La distropia del consumo comprende la gola, l’ingordigia, la golosità, l’insaziabilità, la voracità, la bulimia, il desiderio smodato, la brama e la bramosia.

La gola riguarda la frenesia alimentare, forse la distropia più materiale e più agganciata all’animalità. Negli animali la ricerca del cibo rappresenta l’attività giornaliera principale legata al bisogno di sopravvivenza. Il bisogno di mangiare è sostenuto dal piacere che il cibo regala, unito alla saturazione del bisogno. L’assunzione del cibo ha essenzialmente la funzione omeostatica di riequilibrare le energie spese per mezzo del nutrimento e la ricerca connessa del piacere, che avviene principalmente nelle cellule del gusto sulla lingua. Il cibo va gustato e trattenuto sufficientemente in bocca per non essere letteralmente ingoiato e sconvolgere il metabolismo.

La distropia della gola e dell’ingordigia interviene quando la naturale soddisfazione assume un valore salvifico e quasi magico, un potere di grande validità esistenziale. Allora la motivazione si allontana dalla sua funzione omeostatica e parte ossessivamente per placare l’ansia, riempire un vuoto esistenziale o reagire ad una frustrazione, che trasforma la consumazione in un comportamento compulsivo, vorace, ingordo e frenetico. L’organo del gusto progressivamente si sposta dalle cellule gustative della bocca al bisogno dello stomaco di saturare il senso di vuoto con il suo riempimento. Il risultato è un metabolismo alterato che porta all’ingrassamento, alla conseguente insoddisfazione e alla perdita di piacere. I sensi di colpa che ne seguono non faranno altro che rinforzare il meccanismo aumentando il senso di vuoto ansioso. L’atto dell’assumere perde la sua funzione originale e allora si beve per dimenticare, si trangugia il cibo perché si ha un vuoto allo stomaco, si fuma perché si è in ansia e si buttano giù medicine per risolvere i problemi.

L’inversione funzionale della distropia del consumo risiede nell’anteporre il piacere e la soddisfazione, dato secondario, al fatto nutritivo e primario funzionale alla vita posseduto dal cibo e sia qualunque altro uso delle cose. Il cibo e le cose sono per la vita, mai viceversa.

Il dato carenziale ha le sue possibili origini non solo nella pregressa pura e semplice penuria e fame prolungata, ma anche in quadri di trascuratezza affettiva, di paure e carenze, per cui il rifugio nel cibo diventa la strategia compensatoria per placare l’ansia, riempire un vuoto esistenziale, reagire alla frustrazione ecc. Inconsciamente il cibo è una scorciatoia per affrontare ogni problema.

La distropia incorporativa ha come organo bersaglio il sistema digerente. È quindi, collegata a gastriti, tumori gastrici, e anche a malattie della pelle, simbolo di un corpo poco amato e privo di tenerezze e coccole. Le possibili alterazioni psichiche vanno dai disturbi alimentari psicogeni, alla bulimia o anoressia, alla obesità e alla fame nervosa; nelle situazioni più gravi si ipotizza un eccesso di dopamina, il quale sarebbe all’origine della dipendenza. Nei casi invece, in cui la dipendenza finisca per intorpidire il soggetto, allora vi sarà una caduta della dopamina con conseguente depressione.

L’obesità nel mondo sta assumendo la forma di pandemia. La distropia del consumo, detta consumismo, è minimamente percepita. Viene ampiamente scusata e accettata nella vita quotidiana. Tuttalpiù viene considerata una semplice debolezza. Molti detti comuni lo confermano. “Toglimi tutto, ma non una bella mangiata!”

Mettere il cibo al centro della propria vita e attribuirgli un valore salvifico di rifugio, fa parte d’un modo di pensare. Ma vivere in funzione e dipendenza del cibo è una schiavitù. L’uomo non è per il cibo, ma è il cibo ad essere al servizio dell’uomo.