Femminicidio e analfabetismo emotivo

Il femminicidio sta riempiendo le cronache con l’orrore dei nuovi casi a cadenza quasi quotidiana. La parola femminicidio suona male, ma è precisa, perché definisce in modo diretto e chiaro un delitto perpetrato contro la donna, semplicemente perché è donna.

La casistica riporta nella maggior parte dei casi l’ambientazione famigliare con donne uccise dai mariti, fidanzati, compagni, ma anche dai padri in seguito al rifiuto di un matrimonio imposto o di scelte di vita non condivise, come Hina Saleem, 20 anni, sgozzata dal padre e sepolta nel giardino di casa.

Nel conto generico del numero delle donne uccise si dimentica che circa il 15-25% dei femminicidi è costituito da donne straniere. L’orrore dei numeri però, non tiene conto che le donne straniere in Italia rappresentano una percentuale nettamente inferiore al 10%. Il che evidenza ancor di più che proporzionalmente il numero delle straniere uccise è molto più elevato. La crudezza di questi numeri aggiunge altro raccapriccio allo sdegno di vite sacrificate sull’altare della violenza del maschio.

Perché, perché, perché?” è la domanda che ognuno si pone dentro di sé, senza aspettare che gli opinionisti di turno forniscano una qualche spiegazione. Prima ancora che una risposta possa placare la mente, si deve ricordare che il mostro è in mezzo a noi. Cammina, parla, ragiona e condivide i pensieri e l’aria con noi.

Siamo sicuri che nella nostra società ci sia veramente rispetto per la donna? Con estrema leggerezza l’immagine della donna viene usata, e sottolineo usata, umiliata e volgarizzata per veicolare qualunque cosa e prodotto. Nei media serve ad intrattenere, emozionare, incuriosire, soprattutto nella pubblicità. Molte delle nostre strade di periferia o statali sono il mercato del corpo femminile: segno che la domanda tira! Tutto questo indica che la condizione femminile non si è ancora avvicinata alla parità con quella maschile e la mente maschile non l’ha ancora intimamente accettata.

Nel frattempo però, la donna si è emancipata culturalmente, economicamente ed emotivamente, perciò inizia ad alzare la testa a tutti i livelli e talvolta presenta il conto, conscia della sua libertà e dei suoi diritti. Tutto questo mette in crisi una certa visione scaduta del rapporto tra uomo e donna.

Il punto di vista timologico vede in questa crisi i segni di un analfabetismo emotivo montante e tragico. Le emozioni hanno tre vie di sbocco. Diventano comunicazione quando si traducono in parole e dialogo. Vengono rimosse in presenza di incapacità a riconoscerle o per alessitimia, che è l’incompetenza a identificarle ed esprimerle. Oppure si agiscono, traducendole direttamente in azioni, che nel caso di emozioni negative possono diventare violenza. L’individuo emotivamente analfabeta ha bassa capacità di riconoscere e comunicare tanto le proprie che l’altrui emozioni.

Nella relazione di coppia gli aspetti emotivi hanno una importanza fondamentale e decisiva. Le spinte, le propensioni emotive che fanno da motore e nutrono la relazione di coppia sono l’attrazione affettiva-sessuale, la simpatia e l’empatia. Non si può parlare di amore o di coppia riducendo il legame al solo aspetto attrattivo-sessuale. Un partner che basasse solo su questa propensione la relazione è fondamentalmente un egoista e un egocentrico che considera l’Altro come la risposta soddisfacente al suo bisogno. Nella sua fantasia l’Altro è sua esclusiva proprietà (cosa sua!) come può essere il cibo o la casa. Non ha minimamente chiara la differenza fra possesso e appartenenza, fra il possesso di una cosa e l’appartenere ad una persona che nasce esclusivamente dalla decisione continua dello scegliersi reciprocamente. Questo modo di considerare il rapporto di coppia discende dalla mancanza delle altre due propensioni. In ogni relazione di coppia l’aspetto di simpatia, che è fonte dell’amicizia, è legato al fatto che nella coppia è fondamentale la complicità, l’essere solidali e la condivisione. Senza amicizia non c’è neanche amore, c’è invece competizione, spesso falsità, ma soprattutto il tradimento è dietro l’angolo. E poi ci vuole l’empatia, la capacità di comprendere appieno lo stato d’animo altrui e i suoi bisogni, che è la spinta che genera la cura.

L’uomo che uccide la donna, che afferma di amare, è evidentemente affetto da analfabetismo emotivo. Scambia il bisogno di lei con l’amore. Da questo punto di vista la violenza è il segno che non è stata coltivata la simpatia e la complicità o che addirittura non ci sia mai stata. Ma soprattutto è totalmente assente qualunque forma di empatia, segno di un bullismo di fondo che considera la donna come un dominio e non come la compagna di una relazione fatta di tenerezza e cura.

Certamente nessun caso è uguale ad un altro, ma in comune questi maschi assassini di donne hanno l’abitudine a tradurre in rabbia distruttiva il rifiuto e quel loro sentirsi ingabbiati in emozioni di cui non hanno chiari i contorni e le cause. Si sentono impotenti e abbandonati, incapaci di affrontare il No, come dei bambini irosi di fronte ad un genitore che non sottostà al loro volere. Insegnare il No è un compito fondamentalmente genitoriale. Purtroppo è convinzione comune che i padri in questi tempi siano piuttosto assenti. Ed compito più paterno che materno tener ferme le regole. Ma qui bisogna avere il coraggio di essere anche politicamente scorretti ponendo la stessa domanda anche alle donne. Oltre a padri insignificanti, che madri ci sono dietro questi maschi? Li hanno tirati su trattandoli in modo paritetico con le sorelle? Li hanno abituati al No? E poi, come mai ci sono donne che tollerano la violenza del partner e talvolta la scusano? Questo è un discorso che si tende a lasciare in ombra, ma sicuramente indica un aspetto oscuro nella comprensione delle dinamiche perverse della coppia.

Su tutto predomina un’inquietante assenza educativa emozionale che grava sulla famiglia, sulla scuola e sulla società.

Si spendono migliaia e migliaia di ore per promuovere le varie competenze professionali, ma quante ore si prevedono per l’educazione alla cittadinanza, alla relazione e all’educazione emozionale? Il saper fare è fondamentale, ma senza il saper essere ed il saper relazionarsi, tutto può perdere il senso e finire in tragedia.

Il femminicidio è uno dei segni dei tempi: un tempo pieno di conoscenze, ma emotivamente analfabeta ed incapace di amare.

Carluccio Bonesso

11/06/2016

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