Avarizia: quando l’uomo, posseduto dalle cose, resta solo

L’avarizia è il vizio legato alla frenesia del possesso e dell’accumulo delle cose che assum0no la funzione di rassicurazione e protezione esistenziali contro la paura della miseria. L’avaro tende in continuazione ad accumulare beni materiali, spendendo il meno possibile, se non quello strettamente indispensabile.

L’avarizia può essere paragonata ad un buco nero che tutto ingoia, senza nulla restituire.

Il termine correlato di cupidigia o avidità carica il termine di un valore morale negativo ed evidenzia l’aspetto frenetico ed insonne dell’accumulatore.

Quando la passione diventa tale da assorbire la vita, le cose possedute diventano più importanti delle relazioni, anche quelle intime e familiari. Lentamente l’avaro si rinchiude nella sua gabbia nevrotica dell’incapacità di donare che lo allontana progressivamente dagli altri.

E la vendetta dell’oggetto non tarda a colpirlo: l’avaro non vive più per sé, ma per le cose; non possiede più le cose, ma è posseduto dalle cose! Inevitabilmente si condanna all’emarginazione dentro una prigione che lui stesso va costruendo. Il suo è un mondo di solitudine tenacemente eretto, fonte di amarezza, e dal quale non riesce ad uscire.

La venalità rivolge invece le mire dell’avaro esclusivamente sul danaro, sull’altare del quale pone ogni finalità, anche se poi spende con facilità e, dunque, non sarebbe avaro.

Avarizia e patologia:  l’avarizia ha come organo bersaglio l’intestino retto, affetto da cronica stitichezza con la possibilità di sviluppi tumorali causati dalla tossicità del materiale fecale trattenuto e per lo scarso apporto di ossigeno nella muscolatura liscia viscerale. Inoltre, l’atteggiamento “del trattenere e della chiusura” può far sorgere disturbi alla circolazione periferica, come il morbo di Buerger e altre patologie vascolari fino allo sviluppo di vere e proprie trombosi alle gambe (Masi 2015).

Possibili alterazioni psichiche: il quadro delle caratteristiche biologiche dell’avarizia, secondo alcune evidenze sperimentali (M. Sitskoorn 2012), rileva nell’avaro un deficit dell’ossitocina, l’ormone della tenerezza, della dolcezza, dell’apertura fiduciosa e delle coccole. Proprio per questo l’ossitocina è chiamata l’ormone dell’amore. Tale carenza cerca allora la saturazione in direzione del possesso. L’avaro non vede altro che le cose, che sono rassicuranti perché non chiedono alcunchè in cambio. Il suo è un mondo privo di fantasia e poesia. Tutto ciò che è vivo diventa pericoloso e può pretendere la reciprocità che l’avaro teme e vive come una minaccia.Le idee stesse possono essere una rischio da esorcizzare attraverso ritualità compulsive, non ultima la stessa cleptomania. L’avarizia può condurre ad esiti talmente negativi da determinare una situazione di chiusura e malessere (deficit di ossitocina e anche di dopamina) mentali ed affettivi patologici senza speranza.

Ideologie connesse: il possesso e la ricchezza come fonti uniche della felicità. Sono ideologie vecchie quanto la storia. Il possesso e la conquista sono tra i più gradi assassini di ogni tempo. Il dominio del mondo, dei mercati, dei territori, delle materie prime grondano del sangue dei poveri e degli sfruttati. Gli adoratori del “vitello d’oro” sono dovunque ed anche dentro di noi. Gli epuloni che impediscono a tutti i lazzari della terra di accedere alle briciole, mentre ingrassano i loro cani, sono vivi e sono legioni.

Possibili cure: abbassare l’ansia, rendersi consapevoli delle paure connesse, avviarsi al “dono” attraverso esperienze di generosità e volontariato. Il possesso non ha mai dato felicità, semmai piacere e soddisfazione. Solo l’amore e la generosità possiedono la chiave della gioia e della felicità.

Carluccio Bonesso

05/07/2016

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