Il senso di colpa

Il senso di colpa discende dalle relazioni ostili, dalle relazioni fredde.

La colpa, o senso di colpa, sta all’opposto della felicità, il cui contrario non è l’infelicità, la quale invece fa parte dell’area della tristezza. Se si accetta che la caratteristica di fondo della felicità è la serenità e l’armonia, in quanto segnalano una relazione fluida, allora il tormento è la condizione contraria e perciò è la colpa e non tanto l’infelicità ad avvertire di una relazione negativa o conflittuale.

La colpa si accompagna alla perdita di qualcosa di morale e significativo, e alla trasgressione di regole sociali o personali. Si tratta dell’irrompere nella relazione di qualcosa di disgregante che porta all’allontanamento o al nascondimento (vergogna), nel tentativo di placare la dissonanza fra la propria visione del mondo ed il proprio comportamento incoerente o poco innocente. Quando invece la colpa è caratterizzata dalla coscienza della responsabilità, allora si aprono le vie della reintegrazione emotiva, quei processi in parte spontanei e in parte culturali che mirano al ripristino della relazione, come l’assunzione di responsabilità o con il chiedere perdono.

Compito fondamentale della colpa è di segnalare una rottura, un’offesa, un errore, che qualora si prolungasse nel tempo diventerebbe un sentimento tormentoso pieno di ruminamenti, altrimenti detto rimorso (da ri-mordere = divorarsi dentro).

Esistono diversi tipi di colpa: la colpa morale, che si ha quando si è coscienti di aver violato delle norme fondamentali condivise dal contesto sociale e culturale in cui si vive; la colpa religiosa, quando si ha coscienza di non aver osservato le norme dettate dalla fede in cui si crede, e infine la colpa esistenziale, quando il vivere è percepito come una colpa insostenibile. Questo ultimo tipo di colpa è riscontrabile nella esperienza dei sopravvissuti all’olocausto, i quali si sentivano in colpa di vivere a differenza dei loro compagni di lager finiti nei forni crematori.

Oggi è tornato a ripresentarsi nei genitori che hanno perso un figlio negli incidenti. Elaborare un tale senso di colpa è molto difficoltoso e spesso non ha esiti positivi, perché nasce da convinzioni di senso invalicabili, che si nascondono dietro domande che negano implicitamente la possibilità di una risposta, del tipo: “Perché io sono sopravvissuto e gli altri no? Perché mio figlio e non io?”. Dietro queste domande c’è la presenza di un nonsenso che l’intelligenza non riesce ad accettare, pena la negazione del suo stesso bisogno fondamentale di significato.

Il senso di colpa è al centro della condizione depressa, sotto forma di sensazione di chiusura al futuro che fa del passato (disperazione), in cui la colpa presunta reale è stata commessa, un tempo non oltrepassabile e quindi assoluto (imperdonabilità).

Negli elenchi delle emozioni la colpa e la vergogna sono pressoché sconosciute, mentre compaiono nelle opere di psicanalisi e psicopatologia. Eppure a tutti capita di sentirsi in colpa e tutti sanno quanto è difficile controllare questa emozione per liberarsi dal malessere insoffribile che provoca, tanto che si ricorre spesso alla razionalizzazione o alla rimozione, o addirittura in casi di vergogna insopportabile al suicidio. Comunque chi fosse sprovvisto di questa emozione verrebbe classificato dagli specialisti come psicopatico.

La colpa nel lessico emotivo della lingua italiana è rappresentata da 104 termini. La colpa è antitropica quando volge al nascondimento, alla vergogna e alla rimozione, mentre è protropica quando si accompagna al senso di responsabilità e volge alla reintegrazione. Assumere la responsabilità, chiedere perdono è un protropismo che va in direzione della conservazione e del ripristino della relazione.

La colpa è sempre spiacevole e lo è in misura della gravità morale percepita. Si situa tra i bisogni etici, morali e di significato e ciò che la scatena sono le violazione di quanto è ritenuto proibito.

Il criterio a cui si rifà riguarda ogni ingiustizia commessa, l’incoerenza rispetto ai principi condivisi e professati e la perdita di senso esistenziale. Più che a delle domande, la colpa è un prendere coscienza, un constatare che: “Non è giusto! Non è bene! Non ha senso! Non ha significato! È inutile!”

Il dolore della colpa ha due vie di risoluzione. Una adattiva che porta all’assunzione della responsabilità, l’altra invece alla negazione, al malessere o addirittura alla patologia.

Leave a Comment