Le emozioni del DNA

Una delle acquisizioni scientifiche più rilevanti che la Timologia ha regalato alla nostra comprensione sui meccanismi che generano le emozioni (d’ora in avanti “timie”) è l’esatta collocazione nell’ambito dell’evoluzione delle specie. Appreso e definito che ogni timia svolge una precisa funzione adattiva, consentendo all’uomo – come ogni essere vivente in forma arcaica – di affrontare e superare difficoltà e ostacoli non possiamo che accogliere con gioia qualsiasi flusso che generi un output adattivo. Ciò significa crescere nell’essere creatura alla ricerca della conquista di nuovi e più arditi equilibri, tutti attori e spettatori dello spettacolo più bello che esista: la vita. Accogliamo con gioia – dicevo – le nostre emozioni, belle o brutte che siano (meglio, edoniche o antiedoniche che siano…) se servono alla consapevolezza di una crescita autentica nostra (singoli esseri umani) e attraverso noi dell’intera specie umana. L’evoluzione si costruisce così, adattando istante per istante il DNA individuale e il DNA di specie agli stimoli che l’ambiente fornisce in una tensione di crescita che mai avrà fine. Allora lo studio della genetica delle emozioni ci può dire molto sugli scopi profondi del nostro essere in vita, del nostro incedere stentato o accelerato, del nostro soffrire e gioire, dell’essere in piena salute o degli ostacoli al pieno benessere. Tutto è logicamente presente, perennemente e contemporaneamente interattivo, nell’intimità della cellula come nel rumoroso vivere sociale. Non ci resta che perderci nello studio della nostra più “intima intimità”, quella delle emozioni del DNA.

Diego Ezio Fabra

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