Le emozioni primarie: limiti teorici

La teoria delle emozioni primarie si basa sul criterio di icasticità rappresentativa, determinata dall’evidenza espressiva e la riconoscibilità immediata. L’espressività riveste nell’emozione la semplice funzione comunicativa. Infatti la rabbia, la paura, la tristezza, la gioia, la sorpresa, il disprezzo e il disgusto sono emozioni caratterizzate da un’espressività facciale intensa. Ma, ad una prima analisi, sorge subito una perplessità, giacché cinque sono sgradevoli e due solo gradevoli.

Se si analizza la paura, l’emozione che spinge ad evitare i pericoli, e ci si domanda qual è quella che, invece, ha il compito contrario, già i dubbi teorici iniziano ad ingigantirsi. La fiducia è l’emozione che indica l’assenza di pericolo e nella sua variante del coraggio aiuta ad affrontarli. Perché allora non ha un’altrettanta intensità espressiva? Semplicemente perché la paura informa immediatamente anche gli altri del pericolo, mentre la fiducia non ha questa esigenza comunicativa. Non per questo è meno primaria e primitiva rispetto alla paura. Un individuo che mancasse di questa emozione, sarebbe sommerso in uno stato paurogeno continuo, cioè in una vera e propria psicopatia.

Già da questa semplice riflessione si ricavano due prime caratteristiche timologiche[1] delle emozioni: la binarietà emotiva, secondo cui ad ogni emozione ne corrisponde una contraria, e la specificità emotiva, secondo cui ogni emozione è la risposta ad uno stimolo specifico. Per esempio: la paura è specifica del pericolo, la tristezza della perdita.

Ma la struttura dell’emozione non è sufficientemente descritta dall’espressività, dalla binarietà e dalla specificità, occorre andare più a fondo, dove si scoprirà che ogni emozione tende ad avvicinare o ad allontanare. La paura allontana e la fiducia avvicina. Questa propensione strutturale delle emozioni è chiamata in timologia tropismo, che nella variante negativa è l’antitropismo e in quella positiva il protropismo. La rabbia è antitropica, mentre l’affetto è protropico. Inoltre, ogni emozione è piacevole o sgradevole, cioè possiede un’edonia positiva o negativa, proedonica o antiedonica. La felicità è proedonica e il senso di colpa è antiedonico.

A questo punto della riflessione diventa chiaro quanto l’aspetto espressivo dell’emozione sia insufficiente e teoricamente insostenibile come unica variabile di classificazione. Infatti, ogni emozione è dotata di un tropismo, di un’edonia, di una specificità, è binaria ed infine, finalmente, è anche dotata di un’espressione specifica con la funzione di comunicazione. Tutto questo è possibile affermarlo perché l’emozione è un meccanismo adattivo interattivo: si situa infatti tra l’ambiente e i bisogni dell’individuo.

La paura nasce allorché nell’ambiente compare un pericolo che risveglia e sollecita il bisogno di sopravvivenza. E che fa allora la paura? Lo riconosce ed innesca la risposta di evitamento. E poiché l’interazione con l’ambiente, il corpo e la memoria è sempre attiva, allora si è sempre dentro qualche emozione (costanza timica), anche se non se ne è consapevoli. Ed è qui che ci si gioca il fatto di essere emotivamente competenti o semplicemente affetti da analfabetismo emotivo.

 

[1] – Bonesso C. Sartori A. La timologia. Scienza delle emozioni. Verso una nuova comprensione dell’esperienza umana” Rubbettino editore. Soveria Mannelli 2013.

– Cervi M. Bonesso C. “Emozioni per crescere. Come educare l’emotività”. Armando Editore. Roma 2008.

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