Le varie facce del potere 1- Empatia e intersoggettività

Agli inizi degli anni novanta del secolo scorso il gruppo di ricerca di Giacomo Rizzolatti dell’università di Parma, studiando i neuroni motori dell’area premotoria del lobo frontale dei macachi, notò che questi neuroni, che chiamò neuroni specchio e in inglese mirror, si attivavano (in sparavano) sia vedendo l’azione di afferrare un oggetto e sia quando erano loro ad eseguirla. Dopo questa scoperta, nel 2010 Roy Mukamel, studiando un gruppo di malati di forme gravissime di epilessia, ha potuto rilevare attività mirror non solo nelle aree motorie della corteccia, ma anche in aree riguardanti la visione e la memoria, per cui si venne a scoprire progressivamente che i neuroni specchio sono distribuiti in molte più aree cerebrali di quante non si pensasse fin dall’inizio della loro scoperta. Allo stato attuale dell’avanzamento della ricerca si possono distinguere due sistemi mirror. Il primo, in ordine di scoperta, è il sistema mirror frontale, comprendente il lobo parietale, la corteccia prefrontale, la porzione caudale del giro frontale inferiore ed è specifico del riconoscimento dei comportamenti volontari; il secondo, il sistema mirror limbico, comprendente l’insula e la corteccia frontale anteriore mesiale, ed è specifico del riconoscimento dei comportamenti affettivi. I mirror sono quindi una classe di neuroni che si attiva sia quando un individuo esegue un’azione, sia quando lo stesso individuo osserva la medesima azione compiuta da un altro soggetto. Stesso fenomeno accade per le emozioni, le quali attivano gli stessi neuroni sia quando il soggetto prova un’emozione e sia quando la osserva in un altro soggetto.

“Tutto questo fa supporre che siffatta proprietà rifletta un principio fondamentale del sistema nervoso, quello cioè per cui gli stessi neuroni e, più in generale, gli stessi circuiti neurali possono essere reclutati per processi e rappresentazioni che riguardano tanto se stessi che gli altri” (Rizzolatti 2019). Stando alle evidenze neuro scientifiche, l’essere umano possiede quindi quella capacità che va sotto il nome di empatia (V. Gallese, 2003), la quale si basa su un processo di simulazione interna degli stati altrui. L’empatia è la capacità di immedesimarsi con gli stati d’animo e con i pensieri delle altre persone, sulla base della comprensione dei loro segnali emozionali, dell’assunzione della loro prospettiva soggettiva e della condivisione dei loro sentimenti (Bonino, 1994).

L’empatia agisce nella relazione, esprimendosi o con l’esser-per-con l’Altro, o con l’opposto essere-contro l’Altro. Amicizia ed ostilità, amore e odio, collaborazione e contrapposizione sono alcune delle tante esemplificazioni di contrapposizione relazionale. L’empatia è dentro le relazioni benevoli e positive, e la sua eventuale assenza rende arduo, se non impossibile, percepire l’Altro come altro-come-sé, da cui discende il prendersi cura nel senso più ampio e pieno del termine.

L’interazione fra i soggetti è investigata e approfondita in filosofia dalla ricerca sull’intersoggettività, cioè su quel fenomeno, scrive Trevarthen, “che si realizza all’interno di un contesto relazionale (…) Si tratta di interazioni autentiche, aventi carattere di agio, spontaneità, socialità e impulso alla ricerca del contatto affettivo e di un vivo desiderio di conoscenza e scoperta dell’Altro”. Ciò che certifica l’intersoggettività è dunque la presenza dell’empatia, la quale riveste la simulazione incarnata (V. Gallese 2015) operata dai mirror: se vedo qualcuno gioire, in effetti vedo me gioire, perciò comprendo cosa sta provando e posso quindi sintonizzarmi e consonare con il suo stato interno. A partire da questo primo passo, posso rispondere adeguatamente al bisogno di comprensione dell’Altro, rispecchiando quello che sta esattamente accadendo al suo interno. Il mio rispecchiamento facilita il suo bisogno di dare un nome a quello che prova, poiché lo rivede nel mio volto e può quindi condividere la vicinanza affettiva. Qualora però mancasse il “sento che tu senti che io sento”, come scrive Stern, la relazione degraderebbe nel conflitto e nelle spire del potere con tutte le conseguenze tragiche a cui la storia ci ha abituati.